Entrato in casa con le migliori intenzioni fornellesche, per salvare le patate che ho in dispensa da una tremenda fine fatta di decomposizione e vermetti danzanti, evento già accaduto in un neanche troppo lontano passato, passo in rassegna i fottuti ingredienti che mi servono per quel che ho deciso di sperimentare stasera. Bene, quello ce l’ho, quest’altro pure, quello lì? Nooooo!

Basilico latitante. Mi armo di forza e coraggio e m’incammino come un Frodo barbifero verso il più vicino supermercato. Acchiappo quel che mi serve – ovviamente al basilico iniziale si sono aggiunti diversi altri esemplari del consumo di massa di cui non sentivo il bisogno prima di averli adocchiati lì, sugli scaffali spumeggianti di benessere – e mi accodo nella fila alla cassa.

Mi s’avvicina una signora che, non appena mi chiede se fossi io l’ultimo della fila, mi riversa addosso un’alitata degna della migliore tradizione di mangiabambini putrefatti. La fottuta signora dimmerda mi attacca un pippone di cui neanche mia zia quando insiste a ingozzarmi di cibo quando torno a trovarla in Sicilia è capace. Eh, mio figlio è tornato ieri dal mare con la famiglia e non ha frutta in casa, così mi ha chiamata e mi ha chiesto se andavo io a prendere qualcosa – per inciso, mezzo melone e un caschetto anoressico di banane quasi-andate-a-male – e poi ho visto le nubi scure e ho portato l’ombrello e non vorrei che piovesse, sa, sono a piedi, e poi con queste temperature e questi sbalzi con l’aria condizionata ovunque e poi: ho continuato ad annuire con una faccia da ebete cordiale agli eventi signora che continuava imperterrita a narrarmi le sue sfighe di madre di un figlio ormai padre di famiglia che delega la mamma a comprargli la frutta, perché lui e sua moglie il culo non lo possono muovere una volta fuori dall’ufficio.

Volevo informare la signora che a me dei cazzi della sua famiglia me ne fotte tanto quanto dei documentari di accoppiamento degli acari della polvere, ma la stracciacoglioni mi ha perseguitato con le menate sul figlio che fa l’architetto e ha la casa in Liguria fino a quando, giunto il mio turno, comincio ad apporre la mia spesa sul banco mobile. Ed è qui che la Giucas Casella dello stordimento tira fuori il trucco. Prende la sua merdosa frutta e la poggia sulla punta del banco e proferisce la formula magica: “Poggio qui, ma non le voglio passare avanti!”

Come no signora, ma anche se lei non volesse passarmi avanti, cristobenedetto, la faccio passare io purché vada a distanza di sicurezza dai miei coglioni già agonizzanti a causa delle sue vicende familiari. Prego, signora, passi pure, tanto ha due cose.

Ringraziamenti di rito, grazie mille, non si disturbi, no, ma non mi disturbo affatto, lei è un signore, no ma la signora è lei, ah ah ah. E la maledetta si leva di torno. Il ragazzo poco dopo di me, che aveva una sola bottiglia di sambuca, sorride e sottolinea il “non volevo passarle avanti”. Già. Troia.

Ecco, se vuoi passare avanti in una fila, fingiti soggiogato/a da un figlio immaginario, meglio se libero professionista e ammorba chi ti sta avanti come non vorresti che mai gli altri ammorbassero te. Passerai per sfinimento altrui.

Fico.

Tutto questo per dirti che questa ricetta era cominciata coi peggiori dei presupposti astrali, ma una volta eseguita la sinfonia, ho dimenticato la signora, la sua cazzo di famiglia e la casa nella prateria.

Per lasciarmi alle spalle l’incontro di quarto tipo, sì, perché m’ha pure toccato il braccio, creo una Millefoglie di patate con robiola, piselli e basilico.

Agguanto non una ma ben 4 patate dalla retina che le intrappola e le pelo. Faccio le pareggiature alle estremità per poterle tenere ferme e taglio fettine sottilissime a prova di ci-vedo-attraverso. Mi servono sottilissime così evito di lessarle e per ottenere la croccantezza che mi serve.

Dispongo il fettame in una teglia già foderata con carta forno e consento a due rametti di rosmarino equalche foglia di salvia di giacere insieme alle patate. Un po’ d’olio sopra, forno a 200° per 15 minuti, ci becchiamo dopo.

Il resto sono operazioni semplicissime e rapidissime. Prima metto la robiola in una ciotola, faccio un trito molto fine di basilico e lo aggiungo.

Poi apro la scatola di piselli facendo correttamente leva sulla linguetta, li sciacquo e li salto in padella con una noce di burro a fiamma alta per 2 minuti.

Una presa di sale e tolgo dal fuoco per traslocarli nella ciotola con la robiola e il basilico. Con il calore dei piselli, e una volta amalgamato il tutto, ottengo una crema facile da spalmare.

Non appena le patate sono pronte, tiro fuori dal forno, aggiungo un po’ di sale e comincio la costruzione dei piani. Una fettina di patata, una spalmata di crema, una fettina di patata, una spalmata di crema, una fettina di bla bla bla boa, fino a che, anziché mille, di foglie ne ho molte meno, ma il concetto è lo stesso.

Stay tuna