Trattoria Trippa, via Giorgio Vasari 3, Milano

Quella del titolo è una domanda che mi ha tormentato per mesi dato che leggo a destra e manca di Trippa, cori angelici e univoci di hosannah da parte di critici e giornalisti e bloggerz e gastroavventori tutti presi bene dalla cucina senza fronzoli di uno dei nuovi locali In della Milano pettinata che ha ormai scoperto che è molto trendy mangiare frattaglie, spesso pagandole a peso d’organi interni, non d’animale però.

Allora, visto che c’ho provato diverse volte ad andare ma i miei piani sono puntualmente e miseramente falliti, è giunta l’ora. E dato che sta storia del dover per forza mangiare leggero e sano con l’aumentare delle temperature preferisco lasciarla alle colleghe blogger-salutiste amanti della SEO sfrenata, io vado a ingurgitare un po’ di sano grasso animale e sudare neanche fossi in una sauna finlandese.

L'ingresso di Trippa dalla mia prospettiva, sul marciapiede

L’ingresso di Trippa dalla mia prospettiva, sul marciapiede

É fine giugno e fa un caldo che mi metterei il ghiaccio perfino nei boxer ma non dove state pensando, bricconi. Arrivo con la mia amica Valentina e bastano due minuti per vedere un cliente cascare da una sedia, forse pericolante, forse no. Tutti incolumi a parte un bicchiere sacrificatosi per la causa. La forza di gravità vince sempre.

Ci accomodiamo all’interno, Trippa è una trattoria e come tale ci tiene a mostrarne i tratti tipici: uno stile retrò e ruspante, sulle pareti domina un caldo giallo ocra, tavoli di legno squadrati e privi d’orpelli di design, tovagliette di carta al posto di quelle più veraci a quadrettoni.

L'interno della sala - questa foto l'ho presa da qui: http://www.archiportale.com/news/2015/12/design-trends/una-trattoria-old-school-nel-cuore-di-milano_49311_39.html

L’interno della sala – questa foto l’ho presa da qui

Il cameriere ci illustra rapidamente cosa potremmo/vorremmo-voler mangiare, la carta varia spesso nonostante alcuni piatti fissi e altri a discrezione e/o ispirazione dello chef Diego Rossi in base anche a ciò che trova, tendenza ormai comune a molti ristoranti. Lui, il cameriere, sa far bene il suo lavoro e mi sta parecchio simpatico ma è sempre lì lì per varcare la sottile linea dell’eccessività, si ferma giusto una sillaba prima di farmi storcere il naso. A me i camerieri piacciono simpatici e solerti e non sociopatici e musilunghi ma sto attento agli Amiconi-A-Ogni-Costo, ho fatto questo lavoro per undici anni, m’è rimasta qualche briciola di deformazione professionale. Torno al focus. Il menu.

Il menu di quel giorno

Il menu di quel giorno

C’è tanta bella roba, solo a leggere certi piatti vorrei ordinare questo e questo e quest’altro e poi anche questo qui, ma devo limitarmi se non voglio finire dritto in gastroenterologia. Con Valentina si opta per tre antipasti e un piatto principale ciascuno con promessa d’assaggio reciproco. Ci accompagna una bottiglia di Roero Arneis Valfaccenda consigliataci dal cameriere: ottimo.

Primo piano del vino che tanto ci piacque

Primo piano del vino che tanto ci piacque

Passano 20 minuti e arriva il primo piatto. Trippa fritta. Raga, mi sto arrapando. A ogni morso sento il semaforo rosso della circolazione sanguigna accendersi per occludere tutto. Fuori croccantissima, dentro c’è un’anima fluida di ciccia calda che, ‘cazzo vi devo dire, io con ste robe ci sballo. C’è però troppo sale.

Trippa fritta e sei in pole position

Trippa fritta e sei in pole position

Approdano gli altri antipasti. L’insalata di fave con fiore sardo e limone candito è delicata, le fave ben cotte e sode, il limone da quel tocco vivace all’intero piatto e sgrassa il formaggio, invero molto saporito.

L'insalata di fave e fiore sardo, l'unica concessione al regno vegetale di quella sera

L’insalata di fave e fiore sardo, l’unica concessione al regno vegetale di quella sera

Ma, attenzione, ‘sti qua si giocano gli assi subito: il vitello tonnato è una bombazza. La carne è rosa e morbidissima e ha la consistenza elegante del carpaccio. La salsa tonnata è estremamente delicata, non sovraccarica mai il boccone e, soprattutto, non copre mai il vitello, nonostante ci siano anche dei micro-capperi e, come tutti ben sapete, i capperi non sono innocui. Mi piace molto la presentazione.

Vitello tonnato: se non lo provi, sei [insulto a caso]

Vitello tonnato: se non lo provi, sei un completa-la-frase-come-ti-pare

Bravi, mi state convincendo. Ma non m’avete ancora convinto del tutto. Vediamo come fate il resto. Trascorre una mezz’oretta di chiacchiere e vino e atterrano i piatti principali.

Per me trippa alla parmigiana. La carne ha il taglio perfetto, né troppo sottile tanto meno troppo grossa, si mastica facile. Sapidità buona, essendosi fatto un giro nel forno col gratìn azionato, il parmigiano in superficie s’è tramutato in una leggera crosticina alquanto invitante. Il sugo in cui è immersa la trippa ha quella puntina dolciastra di mio gradimento ed è arricchito dal grasso rilasciato dalla carne in cottura. Non posso esimermi dal fare una cazzo di fottuta scarpetta: dite al lavapiatti di non sbattersi più di tanto.

Godimento trippaiolo

Godimento trippaiolo

Valentina ha una spalla d’agnello – non addosso ma nel piatto – cotta a bassa temperatura con ricotta fresca e zucchine trombetta. Anche qui cottura a puntino, l’ovino è succoso e tenero, nel complesso i sapori sono ben equilibrati.

La spalla d'agnello in tutta la sua bassa temperatura (inteso come cottura)

La spalla d’agnello in tutta la sua bassa temperatura (inteso come cottura)

Il cameriere è bravo a vendere col suo eloquio pervicace e ci mette un nonnulla a convincermi ad assaggiare il midollo alla brace anche se non ho opposto la benché minima resistenza essendo pronto a provare più o meno la qualunque, anche del letame ben condito, se proposto.

Arriva sto midollo e sono cinque-cucchiaini-5 di grasso puro, di calorie astronomiche che vanno ad aggiungersi alla doppia razione di trippa appena ingollata. Primitivo e semplice, come l’infarto che mi verrà un bel giorno, però, anche qui, cristosanto, ancora sale a nastro: raga, andateci adagio.

Al midollo non so dir di no ma solo "datemene ancora"

Al midollo non so dir di no ma solo “datemene ancora”

Potremmo essere ai titoli di coda, ormai satolli e sudati perché non mi pare di aver sentito alitare il più timido soffio di aria condizionata, io e Valentina pensiamo di alzarci ma veniamo stoppati dal dessert. C’è anche un dolce in questa odissea che assume le sembianze di una palla di mousse di cioccolato su cui campeggia una composta di cedro e granella di pistacchio. Buono ma non mi spello le mani per gli applausi, mi aspettavo qualche fuoco d’artificio in più sebbene cedro e cioccolato interagiscano bene.

Il dessert di commiato

Il dessert di commiato

Chiudiamo con amari e caffè affinché anche il più occulto degli spazi dello stomaco venga occupato e si paga la cuenta: con abbuono di 11 € sulla somma complessiva, viene 45 € a testa, prezzo onesto e in linea con la media milanese.

Prima d’uscire faccio un salto alla toilette e scopro che anche lì non è stato risparmiato un briciolo di pettineria.

Bagno pettinato

Bagno pettinato

Insomma, se non lo avete già fatto, fateci un salto. Non alla toilette ma da Trippa (e poi anche alla toilette di Trippa per lavarvi le manine).

Stay tuna