Eh be’, la tentazioni di attaccarvi un pippone intergalattico e noiosamente autocelebrativo sul fatto che abbia un disco da solista in canna che uscirà il 15 settembre prossimo è fortissima. Mi sono legato i polpastrelli all’armadio per salvarvi, sto digitando con le dita dei piedi, perdonate l’ortografia non proprio eccelsa. Però, dai cazzo, questo è il mio blogghe, posso spararmi 6 minuti di pose come fanno tutti sui propri blogghe?

Ok, rapido e indolore per chi si fosse le puntate precedenti. Insomma, ho sto progetto solista che si chiama Blackwhale, ho iniziato a buttar giù canzoni nell’agosto 2011 ma per mille vicissitudini e rotture di cazzo è solo adesso che ho tutto pronto.

L’album si chiamerà “Siberia”, titolo non originalissimo ma mi frullava in testa da quando suonavo con gli Psychocean e non potevo non usarlo. Ci saranno 8 canzoni in cui ho volutamente ficcare influenze di Massive Attack, Depeche Mode, Nine Inch Nails, Radiohead e altre cosette sparse. Uscirà per Dubrum Soundz in digitale (Spotify, i-Tunes) e in cd, che sono già pronti. La copertina l’ha disegnata David Cristobal.

Blackwhale, Siberia

La produzione dell’intero disco l’ho affidata a Marco “John Lui” Pettinato che ha fatto un lavoro dell’ipermadonna.

Beccatevi il primo estratto – a breve mi sa che ne arriva un altro.

La pianto rapidamente con questo atto d’onanismo allo specchio e vi catafiondo dentro la ricetta di oggi, che è anche l’ultima che metto su prima di dileguarmi verso le lande sicule per due matrimoni inframezzati dal mio gastro-couchsurfing, Tonno In Tour, che mi farà gironzolare la Trinacria ospitato da sconosciuti che diventeranno miei amici per la pelle e per la barba. Dovreste seguire l’epopea su Facebook e Instagram, cari lettori.

Un attimo! grida qualcuno da dietro la saracinesca del mio cervello. C’è un neurone che vuol dire qualcosa. Prego neurone, dica pure: rincoglionito di merda, urla il neurone, dovevi parlare di quel disco scoperchiaculi di JMSN, It Is, perché non lo hai fatto? Sempre a celebrare i tuoi progetti, cacati in mano e datti uno schiaffo.

E il neurone se ne va.

Scusate, in effetti nei piani editoriali era preventivato che avrei dovuto dissertare di questo disco un po’ soul, un po’ funk, molto pettinato che è da qualche giorno presenza fissa dei miei timpani. Ma siccome si sta facendo tardi, vi linko l’album e voi ve lo pappate mentre leggete la ricetta, no?

Ah, liberatomi degli oneri informativi extra-fornelleschi, posso addentrarmi a capofitto e fritto tra i passaggi di questa nuove leccornia secreta, e ora non più segreta, dai miei neuroni. Gli altri, gli amici di quel farlocco che m’ha sgridato: Tortelli di spada, melanzane e menta, crema di formaggio erborinato di capra e paprika affumicata, pomodorini confit.

Tortelli di spada, melanzane e menta, crema di formaggio erborinato di capra e paprika affumicata, pomodorini confit

Il nome è così lungo che nel SEO Title di Yoast non ci stava tutto. Fituso.

Come si fa questo piatto, eccetto il piatto di ceramica vero e proprio su cui poggia il tutto? Eh, miei cari, prima bisogna procurarsi gli ingredienti, non chiedetemi le persone, io con 380 g di pasta tirata a mano ho creato ben 45 tortelli (insomma, una roba da 8-9 persone):

Per la pasta

– 3 uova fresche (ho usato uova di galline livornesi)
– 300 g di farina 00
– sale
– il Mattarello, mica la Nonna Papera (che ho e che non uso mai)

Per il ripieno

– 2 melanzane viola abbastanza cicciute (sono 800 g complessivi)
– 320 g di pesce spada a trancio
– foglie di menta fresca
– pangrattato
– olio extravergine d’oliva
– sale

Per la crema di formaggio

– 80 g di gorgonzola di capra
– 10 ml di panna fresca
– un cucchiaino di paprika affumicata in polvere

Per i pomodorini confit

– 20 pomodorini
– zucchero
– sale
– origano

É una roba lunga, v’avverto, giovanotti. E parto dal pomodorino confit che va fatto appassire in forno. Lavo e taglio a metà queste belle palline rosse, le privo dei semi con un cucchiaino, le asciugo con dell’utile carta-asciugauniverso e dispongo queste mezze-palline su una teglia rivestita con cartaforno. Cospargo lautamente lo zucchero e poi un po’ di sale e anche un altrettanto po’ di origano. Spingo in forno la teglia emettendo un suono simile a quello di un basilisco, uno schiamazzo primordiale. Temperatura a 110° per 2 ore. Durante tutto questo tempo, controllo che non mi vada in merda nulla, tradotto: che non si bruci un cazzo.

Pasta fresca, tra me e te è nato un amore che mi induce a generarti più o meno una volta al mese. Ed è gratificante riempirmi la panza di tagliatelle e fettucce create con le mie manine da Zio Paperino, ergo piumate. Ma io la pasta ripiena non l’ho mai fatta, quindi sono illibato e voglio deflorarmi. Ma visto che c’è un mattarello nei paraggi, ci tengo a precisare che lo sverginamento è puramente spirituale. Ecco.

Vabbè, dispongo la farina a fontana, ovviamente l’ho pesata al milligrammo neanche stessi vendendo bamba, al centro del cratere scafazzo tre uova, un pizzico di sale e inizio a sbatterle delicatamente con una forchetta facendo attenzione a non rompere gli argini di farina altrimenti l’uovo fugge via e io emetto altri suoni inumani accompagnati da frasi poco per qualsivoglia credente di qualsivoglia confessione religiosa e io non voglio che ciò accada. Gli argini non si rompono e man mano aggiungo farina alle uova e con una spatola inizio a impastare e impastare e poi la spatola non mi serve più e vado di mani, come i veri villani, dita e palmi e sudori e meno male che a casa sono da solo e posso stare in boxer anche se la finestra è spalancata e i dirimpettai possono guardarmi mentre svolgo codesta operazione ma io confido nel loro buonsenso e spero che non mi fissino anche perché possono accadere solo due cose, o si toccano le parti intime o vomitano.

Nel frattempo l’impasto ha raggiunto quell’elasticità che mi fa dire Mi Sembra Alquanto Elastico, posso riporlo in frigo per un’ora prontamente foderato con della pellicola.

Uno per uno, mi occupo di tutti. Tocca a te, ripieno. Taglio le melanzane a cubetti, le parcheggio in uno scolapasta cospargendole di sale e ci posteggio sopra un bel coso da 2 kg. Non vi dico cosa. Trenta minuti così e le melanzane si liberano del liquido di vegetazione, le sciacquo e le asciugo e le rosolo in padella con olio extravergine d’oliva. Afferro il trancio di pesce spada, lo taglio a cubetti mooooooooolto piccolo e poi ancora più piccoli e, insomma, lo trito e appena le melanzane sono abbastanza morbide, tipo dopo 15 minuti in cui ho anche versato dell’acqua per stufarle, catapulto il pesce in padella, incorporo per bene, dopo 4 minuti è tutto pronto. Spengo la fiamma, aggiusto di sale, verso il composto su un tagliere perché un altro colpo di coltellazzo devo cafuddarglielo. Aggiungo le foglie di menta tritate e lascio raffreddare e quando posso maneggiare il composto senza ustionarmi, aggiungo del pangrattato per assorbire un po’ di umidità.

Nel frattempo, taglio a cubetti il gorgonzola di capra il cui fetore è piacente e affascinante, li infilo in una ciotola di metallo e li cospargo con della panna fresca. Statevene lì, mezz’oretta.

Giunse l’ora di tirare la pasta. Non via, ma col mattarello. La estraggo dal frigo, sempre imbozzolata con la pellicola la tengo un quarto d’ora fuori in modo da non lavorare un impasto troppo freddo. Taglio un pezzo dal panetto, cospargo della farina sul tavolo e via, spiano come un beduino. Passo della farina anche sul mattarello in modo che scivoli meglio sulla pasta. Raggiunto uno spessore-sottile, elimino col coltello le parti deformi dei bordi, ricavo dei lunghi rettangoli da cui creo dei quadrati. Prendo la farcitura e ne depongo la quantità corrispondente a un cucchiaino al centro di ogni quadrato. Qui accanto ho una ciotolina con dell’acqua fredda, mi inumidisco l’indice e lo passo su due bordi del quadrato, uno consequenziale all’altro. Seguendo una diagonale, porto un angolo del quadrato sul suo opposto ma per “scelta stilistica” non li faccio combaciare perfettamente, bensì tengo lo strato superiore più indietro rispetto a quello inferiore. Ottengo così un triangolo panciuto, la pancia è il ripieno. Adesso torco i due angoli della base di 90° verso l’alto come se dovessi fare delle orecchie, avvicino i due estremi, li “avvolgo” intorno all’indice e li unisco facendo pressioni sulla giuntura in modo che la pasta s’appiccichi. Procedo così per tutta la pasta, fino a esaurimento.

Fatti i tortelli e disposti su due taglieri foderati con cartaforno e coperti con un panno umido per non farli seccare, tiro fuori dal forno i pomodorini e posso incamminarmi verso la fine di questo spossante racconto.

Riempio un pentolino fino a metà con acqua che porto a bollore e ci piazzo su la ciotola con il gorgonzola che ormai si sta sciogliendo nella panna: faccio un bel bagnomaria. Con una frusta amalgamo per bene in modo da eliminare i grumi, poco prima di togliere dal fuoco aggiungo un cucchiaino di parprika affumicata, incorporo e tolgo la ciotola dalla pentola. Non metto sale, è già sapida di suo la crema. Ah, e non la filtro.

Cuocio i tortelli in acqua bollente, in 4 minuti sono cotti a puntino. Posso impiattare. Un cucchiaio di crema di formaggio, sopra ci piazzo un tortello e poi un’altra puntina di crema, non troppa altrimenti copre il sapore delicato del ripieno. I pomodorini confit li metto a zonzo sul piatto, piuttosto alla cazzo.

Stay tuna

Il Disconsiglio: Be’, visto che l’ho scansato prima, ribadisco: ascoltatevi il nuovo album di JMSN, il link sta lassù.