Chi è andato a vedere i Depeche Mode a Roma, Milano e Bologna ed è arrivato prima che il sole colasse a picco nella notte sarà riuscito a vederli. Si sono anche concessi due date solitaria, a Milano e Roma, dimostrando di saper gestire il palco – sebbene più piccolo di quello di San Siro – con una sicurezza e una presenza scenica mica da ridere (e tra l’altro, set di quasi un’ora e mezza, timing generoso per una band con soli due album all’attivo). Gli Algiers da Atlanta, Georgia, sono una delle espressioni musicali più interessanti che siano uscite negli ultimi 5 anni al netto dell’esplosione del fenomeno hip-hop.

Algiers

Di recente hanno cacciato fuori The Underside Of Power, l’album che segue di due anni l’omonimo debutto, che già era un lavoro di quelli che ti ribaltano le gengive. Questo nuovo capitolo ti scippa la testa per intensità emotiva, ricerca sonora e melodica. Proprio le melodie sono sempre accessibili ma mai banali, canticchiabili senza provare sensi di radicale vergogna. Un esempio ne è il singolo che da il titolo al disco: parte oscuro come i Joy Division, poi gioca con la potenza di Jimi Hendrix prima di esplodere in un super-ritornello alla Jefferson Airplane.

Ciò che mi colpisce degli Algiers è la capacità di prendere cose già sentite (la new-wave, la trip-hop, il post-punk, cenni di industrial) e rielaborarli in maniera così personale da farli apparire freschi, inediti, come se fosse la prima volta che certi suoni compaiono sulla Terra.

Algiers The Underside Of Power

Merito di una sensibilità artistica non da poco, di una palese voglia di non fermarsi alla superficie delle cose e a un impegno sociale e una protesta politica che manca da un pezzo nel rock. Ce ne vorrebbero di più di Algiers là fuori.

Insomma, cose degli altri timpani, ma per pareggiare i sensi, adesso vi spiego una ricetta da derubricare sotto la voce Cose Degli Altri Palati.

Sabato mattina gironzolavo per il mercato senza ispirazione, con un vuoto cosmico nella calotta cranica. Poi ho intercettato dei funghi porcini che facevano bella mostra di sé su una bancarella. Ne ho presi due alla bellezza di 7 €. Poco distante, il pescivendolo, oltre a un poco simpatico sciame di mosche che rompeva il cazzo, aveva questi bei gamberi rossi. Chiedo se posso mangiarli anche crudi, lui annuisce, io mi fido, acquisto. Due etti: 7 €. Poi più avanti c’è il casaro che c’ha pure il camembert, quello buono, non quello scartoffio. Mi dia una forma piccola. Due etti: 7 €. Gesù, sembrava la pagina 777 di Televideo.

Questo per dirvi che sto risotto m’è costato 21 euro: se aprissi un ristorante quanto dovrei farmelo pagare? 45? Sì.

Invece chi lo vuole, può ordinarlo per una delle mie cene a domicilio, non ve lo faccio pagare un occhio della testa, state tranzolli.

Detto ciò, la volete la ricetta così ve lo provate a casa e così non avete bisogno di me? In primis, nome e cognome: Risotto con gamberi rossi crudi e cotti e la loro bisque, funghi porcini mantecato con Camembert. Già solo il nome suscita erezioni palatali.

Risotto con gamberi rossi crudi e cotti e la loro bisque, funghi porcini mantecato con Camembert

Me veniamo all’ingredientismo completo (dosi per 4 persone, in caso di sovradosaggio consultare il medico):

– 320 g di riso (io uso l’Acquerello, l’azienda però non mi paga ergo no marchetta, me lo compro e costa “solo” 12 € al kg)
– 400 g di gamberi rossi freschi (se ve li vendono senza testa sono decongelati: esigete la capoccia)
– 2 funghi porcini freschi belli torniti
– 1,5 l di brodo vegetale (2 carote, una cipolla, 3 gambi di sedano, sale)
– 250 g di Camembert
– burro
– sale fino

Per la bisque:

– teste e carapaci dei gamberi rossi
– burro
– un gambo di sedano
– mezza cipolla
– una carota
– ghiaccio
– acqua

Prima di tutto: la Bisque. Che è una ricetta francese, una zuppa di crostacei la cui consistenza può variare in base all’uso (così come l’impiego di cognac per sfumare e di panna per addensare). Ogni volta che l’ho mangiata fuori ne sono rimasto deluso, quella che faccio io, scusate il pavoneggiamento: scansateve. Spiego.

Tolgo testa e carapace ai gamberi, a cui poi asporto il budello-de-su-mà praticando una leggera incisione sul dorso. Preparo il resto della mise en place: faccio una mirepoix – un taglio a cubetti di circa un centimetro per lato – di sedano, carota e cipolla e metto da parte.

In una casseruola faccio sciogliere un pezzo di burro, poi scaglio dentro teste e carapaci e faccio rosolare a fiamma alta. Dopo un paio di minuti lancio dentro, volete sapere cosa? Del ghiaccio. Quattro cubetti. Perché? Lo shock termico favorisce la fuoriuscita dei succhi dalle teste, che è il mio obiettivo e schiarisce leggermente il brodo che man mano va creandosi. Appena questo brodino inizia ad asciugarsi, con un colpo da karateka de stocazzo metto anche le verdure tagliate a cubetti, faccio rosolare anch’esse – rilasciano la loro acqua di vegetazione quindi prolungando la cottura – poi aggiungo acqua fredda fino a coprire tutto – di nuovo shock termico – e porto a bollore con coperchio chiuso. Dopodiché faccio proseguire la cottura a fiamma media finché l’acqua non si sarà ridotta di 2/3.

Spengo la fiamma e verso tutto nel bicchiere del frullatore perché: devo Frullare. Sì, teste, carapaci, verdure, brodo, tutto. Frlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrl. Il più fine possibile. Poi afferro il mio chinoise, che è un colino a maglie molto strette a forma di tetta a punta e filtro la crema ottenuta. Getto via gli scarti e mi tengo tutto il liquido, il prezioso liquido (siccome me n’è venuta un bel po’, la maggior parte la congelo – max 30 giorni, poi via – l’altra la uso per il risotto).

Metto in un pentolino la parte di bisque che mi serve, a fuoco vivace faccio ridurre finché non ottengo una consistenza prossima al denso. Addenso quindi con una noce di burro, aggiusto di sale, metto da parte (la metterò sul risotto fredda).

Bene. Funghi porci. No, porcini, venite qua. Voi con queste cappellone giganti, un po’ siffrediane. Come ben saprete, cari Follouà, i funghi NON SI LAVANO! Lo so, vi vedo che vi rannicchiate sotto la scrivania per la vergogna o state per dire Maccheccazzodicequesto? E invece è così. Si spazzolano delicatamente, al massimo si tamponano con un panno umido. Quindi prendo il mio spelucchino a lama arcuata, rimuovo lo strato esterno che sta alla fine del gambo, pieno di terra, ma anche verso la cappella. Poi afferro il mio simpatico spazzolino e spazzolo delicatamente rimuovendo la terra rimasta. Fine della chiacchiera. Taglio a fette spesse mezzo centimetro.

Preparo il risotto. Tosto il riso in abbondante burro, siccome ho già pronto il brodo vegetale – devo dirvi come si fa? Ovviamente senza dado – procedo con la cottura. L’Acquerello ha un tempo di cottura che si aggira tra i 18 e i 20 minuti, quindi trascorsi 10 minuti aggiungo i funghi porcini. Poi ghermisco i gamberi – che dopo averli puliti, ho riposto in frigo su un piatto rivestito con pellicola per alimenti – 2 minuti prima di spegnere la fiamma ne lancio con un colpo secco del polso e dell’avambraccio ma anche delle costole nel tegame, devono cuocere poco, pochissimo. Ah, non v’ho detto che ho tenuto il camembert fuori dal frigo per un’oretta così che si ammorbidisse quando sarebbe venuto il suo turno, che è adesso, a un minuto dallo spegnimento della fiamma. Lo scaravento a cubetti nel party che si sta consumando in pentola, lui si scioglie e amalgama. Spengo il fuoco e do un ultimo colpetto di burro e via col liscio. Aggiusto con un pizzico di sale.

Giunse il momento di impiattare. Risotto ben allargato nella fondina, tre gamberi crudi sopra e un po’ di bisque per non farci mancare niente. Se vi siete eccitati, vi capisco, io mi sono eccitato.

Stay tuna

[photo credits | la foto del risotto è mia, l’immagine della band l’ho presa da npr.com, la copertina da genius.com]