Per onorare il vecchio detto quant’è buono il cacio con le pere, sparo come primo post un risotto con pere e taleggio. L’accostamento è ardito ma complementare e, data la delicatezza, il rischio di dar vita a una fetecchia immangiabile e nauseabonda è molto alto. È un piatto piuttosto semplice da preparare, ma che richiede molta attenzione nel bilanciare il dolce della pera con l’accento deciso, a metà tra la fontina e lo stracchino, del taleggio, che è un formaggio molle tipico del bergamasco.

Bando alle ciance.

Che mi serve per una megaporzione-abbondante?

Per il brodo:

– 700 ml di acqua
– mezza patata
– un gambo di sedano
– cipolla
– una carota
– 1/4 di dado vegetale

Per il risotto:

– circa 100 grammi di riso carnaroli
– due noci di burro
– poca cipolla tritata finissima
– mezzo bicchiere di brandy
– 70 grammi di taleggio fresco
– una pera
– pepe nero

Il Brodo Primordiale
Scegliere la via più sbrigativa, facendo bollire dell’acqua con un semplice dado o un cuore di brodo vegetale – che, ammetto, è ottimo – o seguire l’impervia via del chi-fa-da-se-fa-per-tre? Indovinato: opzione 2.
Metto sul fuoco una pentola con 700 ml di acqua – molta evaporerà riducendosi a circa mezzo litro – e dal trampolino si lanciano la mezza patata, la carota, un gambo di sedano e 2 rondelle di cipolla a sezione medio-grossa. Lascio sobbollire per circa 45 minuti.

Poco prima di togliere dal fuoco, assaggio e mi rendo conto che la sapidità non è eccelsa, il sapore è un po’ sbiadito. Bene, aggiungo un quarto di dado per dare consistenza al brodo, la cui riuscita è fondamentale per un buon risotto.

Terminata l’Operazione-Brodo, passo alla Questione-Principale: il Risotto.
Poco più d’un mese fa ho comprato del riso carnaroli artigianale. È un po’ più caro rispetto agli altri, di una marca che non menziono ma che non mi pare venga pubblicizzata. I chicchi grandi hanno una resa ottima, all’esterno si mantengono morbidi ma dentro la tenuta al dente è perfetta. Quindi, ti consiglio d’usare un carnaroli.

Questa è la parte più emozionante, nonché quella in cui, se mi distraggo due secondi, il mio mondo immaginario fatto di chicchi danzanti con cubetti di pera col tulle si disintegra, o meglio, si carbonizza e au revoir aspirazione da cuoco.

Di norma, per un piatto di riso calcolo due tazzine da caffè che, scopro solo adesso con la bilancia antidiluviana di cui dispongo, consistono in ben 100 grammi. Vabbè, tanto lo faccio come piatto unico, quindi mi fiondo nell’etto.

È già pronta un’altra pentola. Una (abbondante) noce di burro. Pochissima cipolla tritata sottilissimissimain modo che non interferisca con l’amalgama finale. La faccio dorare nel burro sciolto e sfrigolante e una cascata di riso si abbatte sugli sposi in fondo alla pentola. Da qui in poi alcuni passaggi non posso fotografarli perché, per mia sfortuna, la Natura m’ha dotato di due mani. Mescolo con una certa velocità il riso per farlo tostare ed evitare che aderisca – leggi: si attacchi – alle pareti e al fondo della pentola.

Mentre continuo a mescolare, con l’altra mano rovisto nel frigo: niente vino bianco, solo del rosato comprato qualche tempo fa per Suprema Emergenza. Ok, ho del brandy di pessima lega, roba da alcolizzati di strada, ma perfetto per sfumare. Verso mezzo bicchiere di brandy in pentola e si sviluppa una nube alcolica tanto calda che per poco non mi bruciacchia i peli della mano, che non ha mica smesso di mescolare.

Un minuto dopo, inizio a versare il brodo. Uso un mestolo e ne verso in abbondanti quantità, in modo da poter lavorare sugli altri ingredienti mentre il riso cuoce. Continuo a dimenticare di fare degli scatti alla pentola piena di brodo. Mi schiaffeggerò più tardi per penitenza.

Il taleggio. Ho trovato al supermercato una porzione in vaschettina nel banco frigo dei formaggi della zona. Avendo comprato la porzione minore col prezzo più basso, ne taglio 50 grammi.

Sempre al supermercato e-dove-se-no cercavo delle pere Conference. Niente, neanche l’ombra. Ho ripiegato su un paio di pere Abate, che non sono male affatto. Ne prendo una, la sbuccio, la riduco a tocchetti. La assaggio.

XXX-WARNING-XXX: La pera in questione è parecchio saporita e molto dolce. Per evitare che l’ago della bilancia penda verso il dolciastro, che alla lunga può risultare disdicevole, aumento – con sommo gaudio –la quantità di taleggio di circa 20 grammi. 50 + 20, se il pallottoliere non è un’opinione, fa 70 grammi DEFINITIVI.

Il riso va quatto quatto emettendo piccole bolle, microscopici geyser lontani migliaia di chilometri dall’Islanda. Aggiungo il brodo quando serve e termino la cottura in 18 minuti. Però…

L’angolo del Però: 2 minuti prima che sia pronto, unisco le pere e le amalgamo senza disfarle: non dev’essere il riso ad addolcirsi, bensì le pere ad assorbirne l’umore.

Poco dopo, aggiungo una noce di burro per mantecare. Tolgo dal fuoco e metto il taleggio. Mescolo finché non si scioglie e inizia a filare, ottenendo una crema densa ma non collosa. Aggiusto con un micropizzico di sale. Rifinisco con una macinata di pepe nero, il tocco speziato non deve mai latitare.

Piccola nota a pie’ di post: sono un amante dei risotti con parecchio parmigiano, ma stavolta evito assolutamente di aggiungerlo per lasciare inalterato il contrasto tra i due ingredienti principali. Ti avverto: tieni fuori il parmigiano dalla portata.

In pratica, il risotto è bell’e fatto. Fossi in te, sorvolerei sulle strane geometrie di pera che agghindano il piatto proprio quassù. Sono una Sconfitta dell’Umanità con le guarnizioni e merito una denuncia alla Buon Costume: come darti torto?

Stay tuna

Il Disconsiglio: l’equilibrio, come hai capito, è l’essenza profonda del risotto con pere e taleggio. Serve quindi un accompagnamento musicale che unisca una certa dose di potenza con la grazia delle melodie, per questo: Porcupine Tree, In Absentia, annata 2003.