La scorsa settimana sono arrivate due notizione per i miei onnivori timpani. La prima è che i Refused hanno pubblicato la prima traccia del loro nuovo album dopo 17 anni di silenzio: il disco si chiama “Freedom” e sarà fuori il 30 giugno, la canzone è “Elektra”. Si sente la loro mano, rimangono escorianti come sempre, arrabbiati eppure hanno quel tocco melodico che ha reso The Shape Of Punk To Come un autentico capolavoro. Canzone ruspante che mi fa salivare copiosamente. La seconda è il ritorno, già annunciato un paio di mesi fa, della Regina del New Gothic, Chelsea Wolfe. Il nuovo album si chiama “Abyss”, esce ad agosto, la copertina è stupenda e il primo brano rilasciato è strepitoso, “Iron Moon”. Ha un incedere pachidermico ed è oscuro come una caduta rapida negli abissi, la melodia del ritornello è maestosa seppur non sia nulla di estremamente ricercato, di primo acchito sembra che la Wolfe si sia allontanata dall’electro-pop con venature dark wave di “Pain Is Beauty” e sia tornata ai suoni corposi e prossimi al metal di “Apokalipsys”. Non è ancora arrivata l’estate e già sto sudando.

Zampillante d’euforia come una bottiglia di spumante stappata a capodanno, cosa potrei mai fare? Coniare un piatto. Un piatto ardito, pericoloso, di quelli che se te lo dico mi dici Ovvaffanculo ma se poi te lo piazzo sotto il muso te lo ingolli senza neanche masticare. E mi chiedi bis, tris e quatris. Che non esiste, ma nella mia fantasia faccio esistere Tutto.

Di solito un piatto lo creo pensando all’accostamento di due ingredienti apparentemente distanti. Mi piacciono i contrasti, credo rispecchino la mia personalità e siccome una qualsiasi pietanza deve portare con sé una parte di chi l’ha cucinata, ho scelto due cosette che rientrano tra i miei cibi preferiti in assoluto: capesante e taleggio. Come faccio a farli stare insieme? Un souffle? Troppo complicato. Un secondo, magari con una fondutina di formaggio? Forse sto esagerando? Un primo mi pare la strada giusta. Ma che primo? Pasta lunga o corta? Mi sa che devo strangolare l’omino che è in me e che mi costringe a pormi tutte queste domande. Perché la soluzione è sotto il naso: un risotto.

Ma, l’ennesimo quesito che mi si para davanti è: come faccio a farli stare insieme senza conflitti? Mi serve un terzo ingrediente, un raccordo, qualcosa che si incastri perfettamente nella continuità di sapori. Il taleggio è un formaggio dalla forte personalità e la sua peculiarità è una lieve nota amara. La capasanta è dolciastra e al palato abbastanza grassa. Il formaggio è anch’esso grasso, quindi il verbo da usare per la scelta del terzo ingrediente è: Sgrassare. Qualcosa di rinfrescante che dia colore in bocca (sì, mi piacciono le sinestesie). Un agrume! Mandarino o arancia? No, troppo forti e invadenti, anch’essi un po’ amari. Limone? ci siamo quasi, ma ha una nota pungente che rischia di primeggiare.

Ce l’ho! Il lime. É l’ingrediente di raccordo perfetto. Ha l’impronta agrumata del limone ma un afflato più lieve, è il punto d’incontro perfetto tra la dolcezza della capasanta e l’amarezza del taleggio. Punto e a capo.

Risotto capesante, taleggio e lime

E l’A Capo comincia con la lista della spesa (per una persona):

– 100 g di riso vialone nano
– 2 capesante
– 30 g di taleggio DOP
– un lime
– 2 carote, una cipolla, un gambo di sedano
– un cipollotto
– una noce di burro chiarificato
– sale
– pepe

Passo all’azione: faccio il consueto brodo vegetale, un litro d’acqua con due carote, una cipolla e un gambo di sedano. Mezz’oretta in ebollizione, aggiusto di sale e via col riso.

Trito il cipollotto, che preferisco qui alla cipolla per il suo sapore più deciso, sciolgo una noce di burro chiarificato nella mia sontuosa casseruola di rame, quando il tutto sfrigola con elevata beltà, scaglio con tocco felino il riso, lo tosto e questa volta non lo sfumo col vino. Infatti non c’è tra gli ingredienti.

Comincio con le mestolate di brodo e faccio andare a fiamma media. Mi occupo così delle capesante che estraggo dalla valva facendo attenzione a rompere noce (parte bianca) e corallo (parte arancione-grigia). Pulisco sotto l’acqua e: trito una noce e i due coralli, lascio intera l’altra noce. Prendo anche il taleggio che taglio a cubetti. Prendo il lime e grattugio la scorza.

Su una padella incandescente, a secco – senza olio o altri grassi quindi – metto la noce di capasanta che ho lasciato intera e la “arrostisco”. Metto da parte.

Mancano due minuti affinché il riso sia pronto, aggiungo la capasanta tritata che necessita di una breve cottura. Aggiungo un po’ di lime grattugiato, spengo la fiamma e metto in mezzo anche il taleggio. Così sia, è tempo di mantecare, operazione sacra che se non riesce prevede il taglio di mani e genitali. Ma viene bene, mi spiace. Aggiusto di sale, macinatina di pepe, un altro po’ di lime e t’ho incartato il risotto.

Stay tuna

Il Disconsiglio: ci vuole qualcosa di ben strutturato ma corposo, fluido ma con evidenti contrasti. Ci vedo un bel Peeping Tom, S/T, annata 20064