In verità, in verità ti dico: questa doveva essere una videoricetta. La seconda. Ma purtroppo, problema ci fu e la videoricetta defunse. Sepolta dagli inghippi tecnici. Sigh sob sgrunt. Vabbé, chissenefotte, ne farò un’altra, ancora più migliorissima. Forse, prima o poi. Magari, in un corretto italiano.

Avrei voluto esporti la lunga gestazione di questa ricetta. Il suo travagliato iter. La sua fecondazione mentale e la realizzazione materiale. Ho sperimentato per un mese prima di perfezionarla. Cioè, mica tutti i giorni, niente fissazioni da mentecatto che scrive frasi sconnesse sulle pareti della cameretta. Avrei voluto dimostrarti, all’atto pratico, come si fa la bottarga di uovo di gallina. E ammetto che lo spunto m’è venuto partendo da un’altra ricetta, ben più famosa, ovvero il tuorlo d’uovo marinato di Carlo Cracco. Zan zan.

Ma non scopriamo le carte in anticipo, perché con la bottarga di uovo, da sola, non ci faccio proprio nulla. Ci vuole un contesto degno, che non lenisca la furia colesterolica. E siccome pretendo dei grumi di grasso che galleggiano nella mia circolazione arteriosa, decido di trovargli una degna sistemazione inscritta in un sontuoso piatto che di nome fa

tagliolini con

crema d’asiago

funghi

e bottarga d’uovo di gallina. Appunto.

Parto proprio dalla parte più difficile, nonché oscura. La bottarga. Non è che ti alzi al mattino e dici, toh, a pranzo vorrei fare la bottarga di uovo. Pensiero comunissimo, d’altronde, tutte le massaie ci pensano appena sveglie. Niente affatto. Devi pensarci ben 10 giorni prima. Dieciggiorniprima. L’inquietudine serpeggia. Ma, niente paura, è tutto molto semplice.

Preparo la marinata con 125 grammi di fagioli lessi – mezza scatola di borlotti già pronti va benissimo lo stesso – e 300 grammi di sale grosso. Frullo i fagioli col minipimer: Frlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrl e ottengo una purea omogenea. Aggiungo il sale e amalgamo, aggiungendo pure un po’ d’acqua – poca, mi raccomando! – in modo da potere lavorare il composto, il cui aspetto finale, lo ammetto, non è poi tanto invitante.

Prendo un uovo (la quantità di marinata è per due tuorli, è sempre bene averne almeno uno di riserva qualora l’operazione, altamente rischiosa, dovesse fallire), separo il tuorlo dall’albume.

Con un cucchiaio dispongo un po’ di marinata sul fondo di un contenitore (che poi dovrò chiudere, meglio ancora sigillare: la terrina della foto è a mero scopo dimostrativo) e ci verso il rosso.

Ricopro il tuorlo con dell’altra marinata.

Chiudo con un coperchio e ripongo in un luogo asciutto, lasciando marinare per ben 7 giorni. Al terzo giorno, capovolgo secondo le scritture, in modo che entrambe le parti del tuorlo, quella superiore e inferiore, siano marinate nella stessa misura.

Trascorsi i 7 giorni, estraggo il tuorlo dalla marinata, lo sciacquo per bene sotto l’acqua, lo asciugo e lo lascio essiccare all’aria per altri 3 giorni. Al terzo giorno ottengo un bottone arancione e abbastanza duro da poter essere grattugiato. Più che difficile, è una roba lunga, ma se ce l’ho fatta io, ce le fa pure Scilipoti.

Nota dell’Uomo Senza Tonno: nella ricetta dell’uovo marinato di Cracco c’è anche lo zucchero, ho preferito non usarlo perché a me interessa solo il salato, proprio come la vera bottarga, la ricetta è nettamente diversa. Inoltre, nel Cracco-pensiero, la marinatura dura solo 7 ore, non 7 giorni.

Avendo la bottarga pronta, mi lancio a peso morto sulla sinfonia che l’accompagnerà.

Ho dei coraggiosi funghi prataioli ammassati in una vaschetta. Interrompo le loro chiacchiere irrompendo e seminando il panico. Ne sequestro alcuni, circa 200 grammi, che pulisco passandoli sotto il getto dell’acqua del mio fido rubinetto e passandovi le dita sopra senza sciuparli, taglio la parte finale sporca di terra, li asciugo e li affetto a listarelle.

Scaldo un po’ d’olio extravergine d’oliva in una padella e li rosolo, sfumandoli con mezzo bicchiere di vino bianco. Bastano 10 minuti e sono pronti. Un po’ di sale e lì, via, lontani dal fuoco.

Preparo la crema d’asiago. La base è la consueta e tanto amata da me medesimo besciamella. Dosi: 20 grammi di farina 00, 20 grammi di burro, 30 cl di latte caldo. Faccio il consueto roux sciogliendo il burro in una pentola, aggiungo la farina, quando è un amalgama compatto che si stacca agilmente dalle pareti della già menzionata pentola, glu glu glu glu glu glu glu glu gli, verso il latte caldo (più è caldo, più rapidamente la besciamella s’addensa). Ho già tagliato 180 grammi di asiago a cubetti, mentre continuo a girare la besciamella con una frusta – sì, sempre la solita e fottutissima storia dei grumi – incorporo il formaggio e spengo la fiamma. Una grattatina di noce moscata, poi anche alle ascelle ma con l’altra mano, aggiusto di sale. La crema dev’essere densa, ma non calcestruzzo.

La pentola con acqua salata ribolle con audacia, scaravento i tagliolini, 2 nidi all’uovo. Tempo di cottura 3 minuti. Scolo al dente.

Ci siamo, ecco il punto omega, la congiunzione del tutto, la fusione. Unisco tutti gli addendi, modificandone così la somma papillo-gustativa. Verso i funghi nella crema d’asiago, poi congiungo la pasta non del tutto asciutta. Mescolo per bene.

Afferro un tuorlo d’uovo solido e con la grattugia, ne ricavo delle scaglie. AVVERTENZISSIMA: la bottarga è MOLTO SALATA, ragion per cui, con tutti gli altri ingredienti: PIANO COL SALE!

Spolverizzo i tagliolini già impiattati con le scaglie d’uovo. Il calore le scioglie leggermente, al palato il sapore del tuorlo è leggerissimo ma conferisce a ogni boccone un’ulteriore nota grassa, già sottolineata dalla crema di formaggio. La sapidità è decisa ma non eccessiva, è un concerto di sapori che convive perfettamente.

Stay tuna

Il Disconsiglio: per un piatto lungo e complicato, o gli ficchi del jazz in tavola, o l’abbinamento d’obbligo è qualcosa che smorzi il processo cervellotico e la complessità dei sapori. Come un bel vinello bianco che sgrassa la bocca, la casa disconsiglia un’opera sì strutturata, ma che all’orecchio fila liscia senza invadere con prepotenza: Boards Of Canada, Boc Maxima, annata 1996.