Milano, via Thaon di Revel 7 | mercoledì 29 luglio 2015

Ormai ci ho preso gusto e sono di nuovo da teatro7 | Lab per l’ultima lezione prima delle vacanze. Che l’atmosfera non sarà seriosa l’avverto immediatamente, il resident chef Roberto Cuculo espone il programma della serata – che si chiama “Messico e Nuvole” – tradendo una certa timidezza che durante la serata andrà dissolvendosi e rilancia con ironia gli interventi di alcuni ospiti, suoi alunni durante il corso di cucina annuale appena concluso.

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Una decina i presenti, io escluso e per la prima volta in vita mia non toccherò un utensile da cucina mentre gli altri smanetteranno. Prima di partire si mette un po’ di benzina in corpo con un entrée preparata dallo chef, un bis di bruschette: una con pomodorino giallo e rosso e una generosa foglia di basilico e l’altra con zucchina saltata, acciuga e mozzarella. Lo chef consiglia di cominciare da quella con zucchina ma ovviamente sbaglio e aggredisco il pomodorino. I sapori sono delicati, più rustico quella con zucchina per via dell’acciuga ma mitigato dal tono latteo della mozzarella, dolce e acidulo quella con pomodorini. Duo che si sposa bene con le bollicine che ascendono in ordinate colonne nel mio bicchiere di prosecco e il margarita con sale e lime appositamente preparato per l’occasione.

Ora però si comincia. Il programma prevede antipasto con insalata di patate e guacamole, poi fajitas con pollo e verdure, empanadas con carne d’agnello e per chiudere un po’ di glucosio con i churros.

Io grufolo per la cucina prendendo appunti e scattando foto a più non posso mentre la truppa parte con la preparazione dell’insalata. Patate lesse e avocado, maionese, il bacon cotto in forno avvolto nella carta forno per evitare che frigga nel suo amabile grasso, uova sode e cipolla bianca cruda. La prova assaggio decreta la promozione dell’insieme, il bacon è croccante e salato e bilancia il dolciastro dell’insalata di patate e avocado. Provato tutto insieme in un sol boccone con uovo e cipolla sta tutto in equilibrio.

L’ilarità ormai è a fiotti e condisce la preparazione delle fajitas. Lo chef mostra il taglio delle verdure e del petto di pollo da cui ricava delle striscioline sottili ottime per una cottura rapida a fiamma vivace. L’armata tagliuzza e trita tutto che finisce in una marinata di succo di lime, coriandolo, cumino, origano, sale e zucchero. Anche il pollo approda in questo intingolo. Le verdure marinate si fanno qualche salto carpiato in padella, mentre al pollo si aggiungono peperoncini verdi tritati e via in padella anch’esso. Le “piade” le ha già preparate lo chef e una volta tirate fuori dal forno, ognuno prepara la sua fajita guarnendola con del guacamole fatto con avocado abbastanza maturo da poter essere lavorato con la sola forchetta. C’è l’agrodolce che va e viene, così come il pizzico di succo di lime. Il sapore complessivo è ottimo, delicato e senza ingredienti dominanti.

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Il copione adesso dice: empanadas. Qui entra in scena la carne d’agnello che ho iniziato ad apprezzare solo di recente. Il timbro lanuginoso dell’ovino al palato mi ha sempre recato disturbo, ma sarà che negli ultimi tempi sono in fase di esplorazione palatale, nonché di abbattimento dei miei limiti gastronomici, accolgo di buon occhio l’avvento del belante trito che va dritto in padella a rosolare con un soffritto di cipolla e carota. All’agnello s’aggiunge del peperone e un po’ di concentrato di pomodoro per dare colore senza annacquare l’insieme. Tolto dalla fiamma, si condisce con sale, zucchero e un pizzico di cannella che allevia il sapore forte della carne. Lo chef tira al mattarello la pasta delle empanadas, che sono simili a delle sfoglie e poi si passa alla farcitura spennellando l’interno con il tuorlo d’uovo e infilando un bel cucchiaio di carne. Forno ventilato a 250° e si passa all’aggressione dentale. Devo dire che sono invero buonissimi, come dei panzerotti dal sapore speziato e dal tocco burroso per via della pasta, l’arroganza dell’agnello è tenuta a guinzaglio dalla cannella.

Lezione cucina messicana

Siamo alla fine, il dolce. I churros hanno una forma lunga e sottile, inutile star qui a dire che suscitano battute colorite (sì, somigliano a dei cazzettini, l’ho detto). Come si fanno? Con un impasto preparato in pentola con acqua, farina e burro e quando il tutto è abbastanza denso da staccarsi facilmente dalle pareti sgomma dritto nell’abbattitore a -24 gradi. Da qui passa alla planetaria per essere ulteriormente lavorato e poi in un sac à poche. Lo chef pressa il sac à poche direttamente sopra una padella con olio d’arachidi bollente e i churros prendono la loro forma, diciamolo, abbastanza fallica. Una volta cotti li si spolvera con dello zucchero a velo. Dorati e croccanti all’esterno, umidi e burrosi all’interno, ogni morso è un orgasmo gustativo.

É già mezzanotte, siamo andati lunghi stasera, qualcuno è andato via, rimaniamo per qualche foto ricordo prima di darci l’arrivederci a settembre, il calendario di teatro7 | Lab è già fitto di eventi, basta che nel cielo splenda il tonno-segnale e l’Uomo Senza Tonno approda all’istante.