Se a Milano chiedi “mangiamo giapponese?”, la risposta più ovvia che ti piomba addosso è “Sushi!”, ma l’altra sera me lo hanno domandato e io ho risposto con un gran colpo di diaframma “Okonomiyaki!”.

Se il nome vi ricorda qualcosa, be’, sono le frittelle di Ranma e che Marrabbio preparava nel suo Mambo in Kiss Me Licia mentre, da dietro il bancone, teneva a guinzaglio la figlia e lanciava occhiatacce a Mirko dal ciuffo vermiglio che neanche Solange.

Ma, in soldoni, che roba è sto okonomiyaki? È uno dei cibi di strada più famosi di Osaka, che sulla paternità è in disputa con Hiroshima. A base di uova, farina di grano e foglie di cavolo a fette a cui è possibile aggiungere ingredienti a piacere, è una frittata cotta su una piastra inumidita con un po’ d’olio. Viene guarnita poi con katsuobushi (scaglie di tonno affumicato), maionese giapponese e salsa Otafuku (ricca di umami), senza dimenticare le alghe secche tritate.

Insomma, dove lo mangio l’okonomiyaki a Milano? Da Maido, che ha di recente aperto un nuovo ristorante all’Arco della Pace, ma io sono hardcore e voglio ispezionare il luogo da cui tutto è nato. Quindi, solerte e gastrocurioso, mi avvolgo nel mio cappotto, mi armo di compagnia e sono già davanti l’entrata in via Savona 15.

Sto per entrare

Sto per entrare

 

Il locale è microscopico, saranno circa 25 metri quadri a occhio e croce. Non si prenota, quindi do il mio nome-senza-cognome e quando vengo chiamato per accomodarmi succede che un omonimo con signora al seguito tenta di scavalcarmi fingendo di non aver visto me e la mia amica nonostante fossimo arrivati nettamente prima. Ora, sebbene a stabilire l’ordine dovrebbe essere la cameriera, io non mi metto certo a far chiacchiere su questioni talmente imbecilli come la precedenza per sedersi al tavolo. Nello sguardo del mio nemico scorgo quel giustizialismo tipico di chi necessita della sua vittoria di Pirro quotidiana per dare un senso alla giornata. Il Dalai Lama che è in me mi suggerisce di lasciar passare il signorino con un sorriso da tubo catodico anni Ottanta. Io e la mia amica non abbiamo fretta, altri 10 minuti d’attesa e siamo comodamente parcheggiati sui rispettivi sgabellini.

L’ambiente è accogliente, rustico con travi in legno a vista che attraversano il soffitto, archi in pietra, una ventina di posti spalmati tra un tavolone centrale e i tavolini-mensole che costeggiano le pareti. La cucina è a vista.

Spaccato di vita di cucina a vista

Spaccato di vita di cucina a vista

 

Scorro il menu, l’okonomiyaki è qui proposto in sole tre varianti: gamberetti, pancetta di maiale e spinaci e formaggio. Sulla carta ci sono anche yakisoba e yakiudon e rice burger, un hamburger parcheggiato tra due “fette” di riso alla piastra e che vedo transitare allegramente e approdare davanti lo sguardo voluttuoso di una cliente qui accanto.

Il dilemma che mi affligge mentre consulto l’I Ching del mio appetito e pattino con gli occhi sul menù plastificato è “Marrabbio, dove sei?”. Maido sventola la sua immagine sui social, fiero di proporre i piatti dei cartoni animati. Ma lui adesso non c’è e mi struggo. In compenso c’è Giuliano sonnecchiante e in sovrappeso lassù, accanto all’insegna al neon.

Giuliano mimetizzato

Giuliano mimetizzato

Io e l’amica che mi accompagna decidiamo rapidi cosa mangiare e anticipiamo il briccone che si è seduto prima di noi, lì ancora chino sul menù immerso in chissà quali riflessioni cosmiche. Giustizia è fatta.

Ordino l’okonomiyaki con gamberetti, la mia amica si dedica a quello con spinaci e formaggio.

Okonomiyaki ai gamberi

Okonomiyaki ai gamberi

 

Il mio è ottimo, un po’ dolciastro per via dei gamberi ma c’è un nel bel contrasto con l’affumicatura del katsuobushi. La frittella è morbida e le foglie di cavolo danno un po’ di croccantezza a un piatto altrimenti povero di consistenze. Anche i gamberi sono cotti al punto giusto, sodi ma non gommosi.

Ovviamente sono qui in veste di ispettore papillo-gustativo e devo addentare anche l’altro okonomiyaki: il formaggio fila a palla anche se io un altro pugnetto di spinaci nell’impasto glielo avrei scaraventato. È comunque saporito e delicato.

Okonomiyaki spinaci e formaggio

Okonomiyaki spinaci e formaggio

Confesso di essere abbastanza impedito con le bacchette ma non cedo alla tentazione di chiedere posate occidentali a me più confacenti, preferisco imprecare a denti stretti mentre il cibo mi scivola via e la mia amica sogghigna.

Sono lì che mi dimeno con le bacchette, mi volto per caso e come un fulmine a ciel sereno, lo vedo sbucare dal nulla per dominare la sala, lì dal fondo della cucina: Marrabbio. Vorrei toccarlo e parlargli, confessargli che Satomi mi stava proprio sul cazzo così come quell’altro lì, Mirko, che mi ricordava una versione antropomorfizzata di Uan di Bim Bum Bam e che i Bee Hive mi facevano straschifo e sembravano una versione sfigata dei Cugini di Campagna. Ma è solo un cartonato senz’anima e dovrò rassegnarmi a tenere dentro tutto questo turbine di confidenze.

L'Apparizione

L’Apparizione

 

Mentre ammiro sognante e sospirante il baffetto di Marrabbio, ripulisco il piatto e mi sento satollo anche se il tiramisù al the matcha sul menù mi tenta come un’amazzone che chiama a sé Ulisse ma io, stoico, non cedo e chiudo qui la partita. Con 12 € a testa comprensive di una bottiglia da 33 cl di birra giappo direi che l’okonomiyaki di Maido, oltre che molto buono, è un affare, no? E c’è pure Marrabbio!

Stay tuna