Come un diligente scolaretto, venerdì 30 settembre e sabato 1 ottobre sono stato in Valtellina ospite, insieme a colleghi blogger e giornalisti, del Consorzio di Tutela Bresaola della Valtellina.

Già di prima mattina avverto una voragine nella mia accogliente panza che viene colmata una volta giunti nel cuore della provincia di Sondrio, la zona tipica di produzione della bresaola, all’incontro con il presidente del Consorzio Mario della Porta che ci parla della tracciabilità della materia prima – le carni sono tutte nordeuropee e sudamericane – dei controlli di qualità, una produzione annua di 12.000 tonnellate e dell’aumento di consumo che negli ultimi 15 anni è del 39%. Urca, che capriole!

Valtellina

Valtellina

L’incontro termina con la mia voragine panzesca saturata con sciatt, involtini di bresaola e dei ravioli, tutto finger food.

Bresaola Valtellina

Ci si sposta a piedi verso lo stabilimento Del Zoppo, uno dei 14 produttori di bresaola inseriti nel Consorzio, che gode della certificazione IGP. Il metodo è industriale ma diversi passaggi si eseguono a mano, come la pulizia al coltello della punta d’anca, il taglio principale da cui si ricava la bresaola, che dev’essere scevra d’ogni filamento di grasso. Gli scarti non finiscono al macero ma diventano cibo per animali.

Bresaola Valtellina

Bresaola Valtellina

Esco dallo stabilimento e le pale di un elicottero girano levarsi da terra e svolazzare sulle valli.

Bresaola Valtellina

Approdo a Semogo dove Alessandro Lazzeri porta me e la combriccola in visita al suo stabilimento.

Bresaola Valtellina

Bresaola Valtellina

Da 60 anni, nella ditta che prende il suo nome, produce bresaola mantenendo inalterato il processo e la cosa che mi spiazza è che la fabbrica è dentro il paese, in una villetta! Anche qui si rispettano tutti i passaggi e le norme che conducono a un prodotto d’eccellenza fatto con passione quotidiana e amore per il far bene le cose.

Sì, però io ho di nuovo fame e quando arrivo all’hotel Bagni Vecchi, che ha una certa pettineria, ci metto un niente a spazzolare l’intera cena che ha, come protagonista, ovviamente la bresaola. Chiscoi alla tiranese con bresaola e girelle al Bitto DOP e brasaola gratinati al forno riscontrano pareri favorevoli dalle mie Papille.

Bresaola Valtellina

Bresaola Valtellina

Il mattino dopo penso: Ok che non ho il costume, ma io un bagno con vista valli nella piscina riscaldata non devo farmelo? Sì, risponde il mio Neurone Fritto e allora compro in loco un costumino-mutandino e mi fiondo a fare il Ciao Poveri della situazione con tanto di idromassaggio. Minchia raga, che bomba.

Bresaola Valtellina

Ma il lavoro mi chiama e quest’oggi si trasforma in una dimostrazione di Come Si Fanno I Pizzoccheri a Teglio, che è anche il paese da cui pare che l’intera Valle prenda il nome. 300 g di farina di grano saraceno, 100 g di farina bianca, acqua a occhio e la signora Laura va di mani e poi di mattarello.

Bresaola Valtellina Pizzoccheri

In 2 minuti si materializzano dei pizzoccheri che poco dopo si concretizzano a loro volta nel mio piatto, preparati con la ricetta tradizionale depositata presso l’Accademia del Pizzocchero. E non si sgarra, eh: fiotti di burro, formaggio Casera e grana grattugiati a nastro, patate e verza e anche oggi si dimagrisce domani. Ne mangio due piatti perché sono un bove maledetto.

Bresaola Valtellina Pizzoccheri

Ma non è finita qui, perché Marco Fay, viticoltore che ha presentato i suoi vini e parlato della produzione vinicola nella valle prima che aggredissi i pizzoccheri, ci porta nelle sue vigne ricavate da terrazzamenti. Uno penserà: come cazzo fanno sti qua a ricavare del vino così buono – perché durante il pranzo ci hanno servito i suoi vini ed erano pettinatissimi – in un territorio così impervio? Ah, chiedetelo a loro, io so solo che questa è gente che si spacca le ossa e fa le cose con un’abnegazione quasi ammirevole, che ha del romantico, fuori dal tempo e da certi ritmi frenetici. Insomma, fanno le cose per come andrebbero fatte.

Bresaola Valtellina

Bresaola Valtellina

Quindi, una volta tornato a Milano con dei cadeaux, tra cui della bresaola IGP, ho pensato: ma perché non fare una ricetta che la valorizzi senza rovinarla, anche perché il sommelier Marco Chiapparini che ci ha fatto da cicerone per questi due giorni non me lo perdonerebbe mica.

E allora, chiusomi nelle mie stanze col mio famigerato consulente creativo, il Neurone Fritto che ormai tutti conoscete, ho secreto questo piatto che unisce Valtellina e Francia: Tortino di di cipolla rossa al timo e pepe rosa, julienne di bresaola della Valtellina IGP, fonduta di camembert di bufala.

Tortino di cipolla rossa al timo e pepe rosa, julienne di bresaola della Valtellina IGP, fonduta di camembert di bufala

E si fa usando codeste materie prime (dosi per 4 individui maggiorenni e consenzienti):

Per il tortino:

– 400 g di cipolla rossa
– burro chiarificato
– un tuorlo d’uovo
– un albume montato a neve
– pangrattato a occhio
– timo a occhio
– pepe rosa in grani da macinare a occhio (non che si macina con l’occhio, ma col pestello)
– sale

Per la fonduta:

– 200 g di camembert di bufala (o anche uno tradizionale va bene uguale)
– 20 cl di vino bianco fermo (io ho usato del Muller Thurgau)
– uno spicchio d’aglio

– fette sottili di Bresaola della Valtellina IGP

Ci siete? Aguzzate la retina.

Afferro le cipolle e le taglio. Piango e bestemmio, urlo e mi dimeno, qualcuno mi domanda Chi É Stato? e io rispondo Nessuno! Ah, no, quella è l’Odissea, scusate, mi sono confuso. Procedo noncurante delle avversità e ficco le cipolle in padella a rosolare col burro. Aggiungo un po’ d’acqua e le faccio stufare e ammorbidire.

Le frullo ma non troppo, lascio qualche pezzetto intero. Verso tutto in una ciotola, faccio raffreddare, poi aggiungo il tuorlo d’uovo, il pangrattato, qualche fogliolina di timo, il pepe rosa che ho appena pestato al mortaio e l’albume d’uovo montato a neve ferma. Evito di far smontare le bollicine d’aria dell’albume e una volta pronto, verso il composto in delle formine a cui ho già imburrato e pangrattatizzato le pareti. Ficco in forno prima col grill azionato per far sigillare la parte superiore, 5 minuti a 200 gradi, poi altri 20 a 180° sopra e sotto.

Fonduta, vieni a me! Svesto uno spicchio d’aglio, lo struscio su tutta la superficie interna di un pentolino, poi verso il vino e lo faccio andare a fiamma vivace finché la parte alcolica non evapora. Aggiungo i pezzi di camembert che fete come una Nike Air del 1991 riesumata ieri pomeriggio e amalgamo finché il grasso non si lega per bene con il vino. La parte esterna, quella ricca di muffe, non si scioglie, così, una volta ottenuta la consistenza che m’interessa, passo la fonduta al colino versandola in un altro pentolino che rimetto sul fuoco per far restringere ancora un po’.

Ci sono. Taglio la bresaola a julienne e non la deturpo tenendola lontana da fiamme varie ed eventuali. Sforno il tortino, lo inondo di fonduta su un piatto e ci schiaffo sopra la bresaola a julienne. E vedi che ti mangi, compà!

Stay tuna