Si parte leggeri, si torna pesanti. Sia nel corpo, che nella valigia. Soprattutto nella valigia. Se sei un migrante siculo, mamma ti riempie sempre di roba al ritorno. Mia madre ha la fissa della carta igienica. Non so perché. Deve riempirmi di rotoli. Pensa che sia incontinente? Che a Milano si puliscano con le locandine degli eventi hipster e la carta per smerigliarsi le chiappe non ce l’abbiano? Che sia un Uomo Dimmerda? Non lo so, il suo inconscio non ha risposto alle mie ripetute richieste di spiegazioni. Resta il fatto, però, che prima dell’uso della carta igienica, c’è l’atto del consumo del cibo. E di cibo, in Trinacria, ne abbiamo che v’allaghiamo a tutti. Quindi, fagottini di olive, truscetti di formaggio, due melanzane che a-Milano-non-sanno-di-niente, nel borsone pareva che stessi nascondendo l’Omino Michelin. Per un mezzo chilo la signorina non mi faceva pagare il sovrapprezzo. Giuro che avrei mangiato tutto lì davanti a lei, sbrodolandole la postazione.

Comunque sia, tornai ricco di provviste. E, una volta riempito il micro-frigo, in qualche modo dovrò consumarla sta roba, no? Quest’oggi, per dimezzare le provviste, decido di far fuori due degli amichetti che si sono imbarcati con me nella traversata peninsulare.

Primo sale e olive, quelle buone, quelle condite dai mastri olivari nostrani che ti fanno venire voglia di andare negli uliveti a dare morsi alle cortecce. Persino. Và.

Per conferire loro una degna trasmutazione, decido finalmente di preparare una ricetta che avevo in testa da prima dell’avvento dell’infernale estate. Ora che l’aria è un po’ rinfrescata, è giunto il momento di riaccendere il forno per le

Cipolle Ripiene

Con riso, olive e primo sale.

Seleziono attentamente 3 cipolle, che poi diventano 4, le più grosse, le più vogliose, le più accoglienti, le più arrapanti.

Le accarezzo, poi le spoglio di qualche strato e poi le ficco in una pentola con acqua calda per sbollentarle per circa 4 minuti. Acqua leggermente salata.

Una volta scolate, le passo sotto un getto di acqua fredda per arrestarne la cottura, pratico un taglio longitudinale ed estraggo, con non poca fatica e non senza bestemmie volteggianti, l’interno. Mi rimane la natura morta che puoi ammirare nella diapositiva poco sotto. Questo lo metto da parte.

Lesso il riso in acqua salata e lo scolo molto al dente. Al densissimo, quasi alla gengiva.

Denocciolo le olive terrone, e taglio a cubetti il primosale. Roba da supereroi.

Prendo l’interno delle cipolle, che non è poco e lo taglio molto grossolanamente. Cioè, non lo taglio, lo aggredisco, lo disintegro, mi accanisco, sudo e piango. Minchia se piango. Brucia tutto, mannaggia all’acido solforico.

In una padella capientissima, cospargo abbondante olio extra-svirgolato d’oliva, getto le cipolle martoriate, le faccio rosolare. Poi aggiungo il riso, un po’ di concentrato di pomodoro e le olive. 5 minuti a fiamma vivace, una volta tolto dal fuoco, aggiungo i cubetti di primosale.

Posso forgiare le cipolle ripiene. Per chiudere il buco in fondo uso della cipolla trita avanzata. Con un cucchiaino farcisco.

Teglia foderata con carta forno, dispongo le cipolle, una spolverata di pangrattato e parmigiano grattugiato per un gratìn dalle elevate performance e via per 20 minuti in forno a 190°.

Il sapore complessivo è molto rustico, addolcito dalla cipolla. Rustiche saranno anche le mie attività aerofagiche più tardi, quando la trasmutazione avrà definitivamente atto e, da buon alchimista con tendenza al fuoco d’artificio, allieterò il palazzo con allegre pernacchiette. Sperando che la mia camera da letto non si trasformi in camera a gas.

Stay tuna

Il Disconsiglio: per allietare le trombette intestinali, urge un album di quelli che mettono in pace milza e pancreas con l’intestino crasso. Per questo il Duca Bianco è eccellente, funge proprio da ultra-digestivo: David Bowie, Outside, annata 1995