Prima dell’eccellenza formale di Panopticon degli Isis viene l’archetipico Kollapse, luogo in cui post-rock e post-hardcore copulano senza più nascondersi dopo diversi flirt.

Il titolo catastrofico è antonomasia del magma di disfacimento a cui i Breach danno fisionomia sonora. Se conBig Strong Boss appaiono gli Slint deformati dalle tenebre nel bel mezzo di un rito tribale, con Alarma si cade nel braciere dell’Inferno.

Breach, Kollapse

Thomas Hallbom fa scuola col suo scream da ultimo-giorno-sulla-terra, chitarre lucide fanno l’altalena con scosse telluriche di elettroni incandescenti.

L’irruenza indie-punk di Lost Crew schiaccia la testa al 98% dei mestieranti che si cimentano nel genere al giorno d’oggi, Teeth Out dimostra come si suona prog con un solo giro tra le mani, Seven per poco non si proietta nel firmamento sulla scia di Planet Caravan dei Black Sabbath.

Opera seminale, non riconoscerlo è un oltraggio imperdonabile alla Musica.

(burning heart, 2001)

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