A ridurre un po’ di panza prima di rifocillarla con il cicciume delle feste ci sto provando, eh, ma l’impegno è puntualmente trasgredito da “oh, facciamo una cena? Sì” oppure “domenica tutti a pranzo da me” o ancora “ci facciamo un vino con aperitivo?” o anche “guarda, mi hanno portato questo formaggio dalla Val-Stocazzo, assaggialo”.
Non ho speranze. E temo per il mio colesterolo, che l’anno scorso era perfettamente in linea con i parametri delle Persone Sane e proprio per questo ho pensato bene di devolvere questi ultimi 12 mesi ad aggredire il magico mondo dei formaggi, perché il mio vero problema è quello. U’ tumazzu.
Vabbé, poco male, morirò col fegato un po’ ingrossato e dei valori sballati, d’altronde vivere in eterno dev’essere alquanto noioso.
Introduzione lamento-adiposo a parte, il piatto di oggi doveva essere qualcos’altro e invece m’è uscito questo. Perché? Perché mentre lo preparavo ho assaggiato tutti insieme gli ingredienti e stavo per eiettare gli occhi dalle orbite per quanto facessero schifo assieme. Era proprio una merda e rischiavo di rovinare il mosaico di sapori e quando mi si rovina il mosaico di sapori divento un mosaico di rabbia e furia omicida e mi metto a urlare dalla finestra e lanciare arachidi ai passanti.
Così, per scongiurare stragi, ho rovistato nei meandri più reconditi del mio frigorifero, che ha le dimensioni di un frigo-bar, e ho agguantato Dell’Altro per sostituire Quell’Altro che mi stava per mandare in crisi.
Ecco quindi com’è nato, cresciuto e ingollato il risotto con crema di cachi e gorgonzola dolce e speck.
Cosa mi ci è voluto per metterlo al mondo (ingredienti per una capoccia vuota):
– 100 g di riso vialone nano
– un caco (non il verbo)
– 50 g di gorgonzola dolce DOP
– 30 g di speck a cubetti
– mezzo bicchiere di vino bianco (buono)
– mezzo scalogno tritato
– brodo vegetale (un litro d’acqua, 2 carote, una cipolla, due gambi di sedano verde, sale)
– burro chiarificato
– sale
– pepe nero
BAAAAANG, che sarebbe lo sparo del giudice di gara ai nastri di partenza della corsa.
Faccio il brodo vegetale, in 30 minuti è pronto.
Trito lo scalogno tanto finemente da scorgerne le particelle subatomiche, lo rosolo nella mia fedelissima pentola di rame con una noce di burro, scaravento con furia assassina il riso e lo tosto e lo sfumo con mezzo bicchiere di vino bianco.
Comincio a inondare la pentola di brodo finché, a metà cottura non aggiungo lo speck che ho tagliato a cubetti.
Mentre l’allegra combriccola continua a cuocere, apro un caco in due e, scavandolo con un cucchiaino, ne riverso l’interno in una ciotola. Prendo il gorgonzola dolce e lo aggiungo e col minipimer frullo tutto insieme creando una crema che non dev’essere poi così cremosa bensì mezza-cremosa (con qualche pezzetto di gorgonzola ancora sano e salvo). Rendo l’idea?
Il riso è pronto, spengo la fiamma e incorporo la crema di cachi e gorgonzola mantecando il tutto.
Aggiusto di sale, sistemo di pepe, parcheggio il riso nel piatto, mi adagio sulla sedia e rifilo forchettate.
Il bello di questo piatto è il continuo contrasto tra la nota dolce del frutto e il salato dello speck che, immesso a metà cottura, insaporisce e dona sapidità al piatto. Mica faccio le cose alla cazzo io (in principio al posto dello speck dovevo mettere le uova di salmone ma ti ho già detto che faceva cacare. Mi è andata di lusso).
Stay tuna
– Il Disconsiglio: piatto di contrasti richiede abbinamento di contrasti. Dolce e salato si alternano come luci e ombre di un eccellente Lakker, Tundra, annata 2015