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Nuova ricetta con sottofondo musicale di pregio: gnocchi di patata dolce, vongole e salsiccia rock

Rimettere piede nel blogghe dopo tutta sta latitanza mi mette quasi ansia. Abbiate pietà di me, io ci provo a stare appresso a un fantomatico piano editoriale ma anche solo cacare un post a settimana si sta tramutando in un’impresa erculea. Molto culea, oserei dire.

Volevo quindi parlarvi di alcuni dischi che mi hanno fatto frizzare le sinapsi negli ultimi mesi, sebbene sia sempre più disinteressato alle nuove uscite, ma non posso esimermi dall’omaggiare due ipermegaritorni compiutisi ad aprile.

Eat The Elephant degli A Perfect Circle è il disco che non mi sarei mai aspettato. Senza esporre i muscoli ma non priva di potenza, la banda trascinata da Maynard James Keenan e Billy Howerdel mette su un filotto di canzoni che certificano un distacco netto dal rock dei primi anni Duemila, quelli in cui la formazione esplose.

A PERFECT CIRCLE EAT THE ELEPHANT

Certi suoni restano legati a doppia mandata alla new wave, soprattutto le chitarre in cui l’eco dei Cure è sempreverde, ma la cosa più intrigante – ed è anche quella meno immediata e che rende l’ascolto ostico di primo acchito – è la complessità degli arrangiamenti e di certe strutture, che slabbrano la forma-canzone. Ritengo che TalkTalk sia una delle canzoni migliori mai scritte dal gruppo.

L’altra bombetta è The Sciences degli Sleep. A quindici anni di distanza da Dopesmoker, macigno di oltre settanta minuti arriva l’ennesimo capolavoro psicotropo, inno alla marijuana e al culto dei Black Sabbath.

Al Cisneros (basso e voce) e Matt Pike (chitarra), affiancati per l’occasione da Jason Roeder, batterista dei Neurosis, piazzano una caterva di sberle senza pietà. The Sciences non ha niente da aggiungere a quanto già detto dal gruppo in 28 anni di carriera – sebbene ci sia di mezzo uno iato di 11 anni – e dalla schiera di band che ne hanno seguito orme e culto in tutto questo tempo, eppure è come ascoltare qualcosa di nuovo e fresco.

SLEEP THE SCIENCES

Sarà che il groove imbastito dalla sezione ritmica è trascinante e magmatico, sarà che i riff di Pike restano fedeli a sé stessi, a tratti tesissimi, a tratti serpentini, The Sciences è un meteorite infiammato scaraventato a rallenty, perché qui mai si alza il metronomo.

Se siete dei drogati di stoner/doom troverete in Marijuanaut’s Theme e Giza Butler – omaggio al bassista dei Sabbath – dei nuovi inni esistenziali. Grazie d’essere tornati in forma così smaglianti, carissimi compari.

Fatta questa premessa sonica, posso tornare in cucina a raccontarvi vitamorteemmiracoli di questa ricetta che, lo so già, metterà in paranoia qualche Follouà forse troppo legato alla segregazione tra pesce e carne. E invece, belli miei, se ve la propino vuol dire che sta roba funziona e pure assai.

Vi spiego quindi come si fanno sti gnocchi di patata dolce, vongole e salsiccia, coulis di peperone e lamponi, nocciole.

Gnocchi di patata dolce, vongole e salsiccia, coulis di peperone e lamponi, nocciole

In primis vi servirà di certo la lista della spesa altrimenti, eh, come cazzo li fate? Neanche con la stampante 3D.

Prendete penna e calamaro e appuntate (dosi per quattro bocche boccheggianti):

Per gli gnocchi

– 1 kg di patate dolci
– 200 g di farina 00
– un uovo
– noce moscata “a sentimento”
– sale

Per la coulis

– un peperone rosso
– 125 g di lamponi freschi
– sale

Per il resto

– 400 g di vongole veraci
– 200 g di salsiccia di maiale poco condita (fatevi consigliare dal macellaio, che sia meno salata possibile)

Avete stati pronti? Acutizzate le meningi.

Prima cosa, ho da fare gli gnocchi. Acchiappo le patate, le lavo e le taglio in longitudine a metà senza togliere la buccia. Le sbollento per 15 minuti in acqua leggermente salata. Tiro via la buccia ed estraggo la polpa che taglio a cubetti e che azzicco in forno preriscaldato a 120°C per circa 30-45 minuti in modo da far asciugare l’acqua che inevitabilmente le ha inzuppate. Patata bagnata.

C’è però un metodo alternativo per smazzare sta faccenda. Se avete la macchinetta per il sottovuoto e un roner domestico per la bassa temperatura, potete tagliare le patate a cubetti, condizionarle nel sacchetto e cuocerle a bagnomaria a 80°C per un’ora. Vi eviterete il passaggio in forno per farle asciugare perché a fine cottura saranno morbide ma senza essersi imbevute d’acqua.

Scavo la Con lo schiacciapatate le schiaccio e lascio raffreddare.

In the frattempo dedico forze fisiche e mentali a qualcos’altro. Tipo: apro il peperone, asporto semi e la costa bianca di cellulosa interna e lo spello con un pelapatate. Perché col pelapatate? La maggior parte di voi usa ficcare in forno i peperoni prima di spellarli ma così facendo lo cuocete e perdete succhi e acqua. A me serve tutto quindi spellarlo a crudo di permette di “cuocerlo con la sua acqua” senza aggiungere olio, ad esempio.

Infatti taglio il peperone prima a listarelle e poi a cubettini, li metto in un pentolino con un filo d’acqua sotto, una micropresa di sale, accendo il fuoco a fiamma media e faccio stufare. Quando il peperone è semi-disfatto aggiungo i lamponi che dopo 5 minuti sono belli e mollicci. Prendo il tutto e frullo col minipimer: frlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrlfrl. Col mio fido chinoise o colino cinese, spasso la sbobba per ottenere un sughetto privo di semini e minchiatine. Rimetto sul fuoco e riduco.

Le patate sono belle fredde, mi dispiace, ogni tanto ho questo potere. Aggiungo la farina e l’uovo e impasto per ottenere un impasto – scusate la ripetizione – bello compatto. Faccio delle striscoline che taglio a forma di gnocco, che però io faccio a pallina perché mi piacciono così.

E le vongole e la sasizza? Qui. Con le vongole svolgo la consueta pratica di spurgo in acqua fredda con un po’ di sale per un paio d’ore, sciacquo e le apro in padella con un filo d’olio. Filtro il sughetto con un panno pulito e lo tengo da parte.

La sasizza, mi raccomando non prendete roba condita con semi di finocchio o altre amenità, meno sapida è meglio è altrimenti rischia di fare a pugni con le vongole. Estraggo la pasta praticando un’incisione sul budello, la sbriciolo e la salto in una padella senza grasso che tanto ci pensa il suo, di grasso a cuocerla e sfrigolare e appena i pezzetti sono leggermente imbruniti e wannabe-croccantini, via, metto da parte.

Per le nocciole, se volete, le potete tostare in padella, io le pesto solo col mortaio e le uso nude così come sono.

Mi sa che posso iniziare ad assemblare tutta la vicenda. Mentre cuocio gli gnocchi in padella celebro il matrimonio del porco e della vongola saltati con un goccinoinoino di sughetto dei mitili. Salto in padella gli gnocchi, aggiungo l’altra parte di sughetto, niente sale che già sapidità ne abbiamo abbastanza.

In un piatto fondo metto un cucchiaino di coulis di peperone e lampone (in foto ce n’è più del dovuto ma solo per fini dimostrativi), calo gnocchi e sasizza e vongole e infine le nocciole.

L’acidità della coulis mitiga il sapore grasso della salsiccia che, cari miei, con la vongola ci sta una spada nella roccia. Provare per credere.

Stay tuna